ZANETTO / CAVALLERIA RUSTICANA

MASCAGNIANCONA | TEATRO DELLE MUSE
DOMENICA 1 NOVEMBRE / ORE 20.30

Pietro Mascagni
ZANETTO
Opera in un atto
Libretto di G. Targioni-Tozzetti e G. Menasci
tratto da Le Passant di F. Coppée

Rappresentazione in forma semiscenica

direttore Iacopo Rivani
regia Andrea Maria Mazza

Silvia Isabella Orazietti
Zanetto Sara Rocchi

Brani tratti da
CAVALLERIA RUSTICANA
dal dramma omonimo di G. Verga

Preludio
Coro di introduzione (Gli aranci olezzano)
Intermezzo
Preghiera (Inneggiamo, il Signor non è morto)

direttore Daniele Rossi

soliste Mina Suzuki e Daniela Bertozzi

Orchestra del Conservatorio G. Rossini di Pesaro
Coro del Conservatorio – Maestro del Coro Aldo Cicconofri

IN COLLABORAZIONE CON
CONSERVATORIO STATALE DI MUSICA “G. ROSSINI” DI PESARO
ASSOCIAZIONE AMICI DELLA LIRICA “F. CORELLI” DI ANCONA


prezzi biglietti
platea poltronissime intero € 25,00 – ridotto € 15,00
platea poltrone intero € 20,00 – ridotto € 10,00
invalidi al 100% € 5,00 tariffa valida in tutti settori
ridotto MARCHETEATRO CARD, Opera Card, abbonati Stagione Concertistica


Zanetto è una “piccola opera”, un bozzetto, il cui libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci nasce dalla pièce “Le Passant” di François Coppée che ebbe in Sarah Bernhardt una grande interprete. Mascagni ne fu interessato, intravedendo nell’opera la possibilità di un altro atto unico da unire a Cavalleria Rusticana. Una trama semplice, basata sul dialogo tra il giovane Zanetto, menestrello di professione e Silvia, la bella cortigiana, languida e stanca. Sullo sfondo la Firenze rinascimentale. Silvia vorrebbe l’amore e Zanetto glielo potrebbe dare, ma cela al giovane di essere una cortigiana . Zanetto, nella sua semplicità, dice alla ragazza che va cercando la bella Silvia, di cui si vagheggiano le bellezze. Lei, dibattuta tra lo svelarsi e il ritrarsi, vince il coraggio di dire a Zanetto che, no, non deve andare da Silvia! Sì, potrebbe avere un letto e il pane cantando canzoni d’amore, ma bisogna conoscer che pan, che letto è quello! E lo invita a una vita più povera e serena. Il buon senso trionfa, Zanetto lascia Silvia e la giovine può dire“Sia benedetto Amore, posso piangere ancora!”

Il 2 marzo del 1896 Zanetto venne rappresentato per la prima volta; eravamo a Pesaro ed era il centenario della nascita di Rossini. Mascagni aveva da poco ricevuto l’incarico di dirigere il liceo musicale della cittadina e nell’allestire l’opera molti degli studenti vennero usati nelle file orchestrali. Fu un buon successo, ma solo due settimane dopo ci fu l’esordio a Milano che non ebbe i riscontri pesaresi: il lavoro venne ritenuto come inadeguato nel contesto della produzione mascagnana, in contrasto con il temperamento passionale del musicista. A torto considerata un’operina o una parentesi musicale: Zanetto è invece un ponte tra il Mascagni istintivo – e attratto dal verismo – di Cavalleria, Rantzau, Guglielmo Ratcliff, Silvano e il Mascagni che guarda al novecento, allo stile floreale e al decadentismo di Iris e Isabeau. E infatti Ugo Ojetti scrive :” Io credo che il Mascagni abbia fatto in queste scene deliziose la sua opera più organica, più originale e più continuata. Una sola nota tolta o aggiunta o mutata danneggerebbe il gioiello, disturberebbe quei discorsi sotto la luna, al cospetto di una Firenze pallida e addormentata. ”

L’opera dura quarantacinque minuti e si avvale di due soli personaggi, Silvia e Zanetto; il tempo e il luogo sono appena abbozzati dalle note del libretto : Il rinascimento e Nel fondo Firenze, veduta confusamente. Tre sole scene: Silvia sola, Silvia e Zanetto, Silvia sola. Facile capire come l’azione – se di azione si può parlare – sia data dallo scavo psicologico dei due personaggi. Silvia risulta un personaggio ben delineato, una figura di donna inquieta e sempre sospesa tra il rimorso della vita che conduce e il rimpianto di quella che avrebbe potuto condurre, con un senso del destino fatale contrapposto alla piena coscienza della realtà vissuta. E in questo Silvia comincia a mostrare i segni della donna moderna, novecentesca, combattuta e cosciente della sua lotta interiore. A lei viene riservata la parte più lirica, più mascagnana, con un monologo in cui si alternano guizzi realistici a momenti quasi impalpabili, evanescenti.

La parte di Zanetto, scritta per mezzosoprano, è uno degli ultimi ruoli en travesti del teatro lirico italiano e ricalca lo stereotipo del Trovatore ottocentesco per la giovane età e l’enigmatica innocenza di fondo. A Zanetto, Mascagni riserva un ruolo che punta sul declamato, su affermazioni sicure “Son Zanetto… Io qui potrei forse restare… Dunque per sempre addio“; eppure il giovane poi si svela sognatore “Non voglio altro fardello che il liuto e la piuma del cappello… E’ così bello andarsene via come le libellule… “. Nel canto di Zanetto ci sono precise caratteristiche toscane, vengono evocati stornelli e madrigali che servono a dare l’esatta connotazione geografica (Firenze) e temporale (il Rinascimento) alla vicenda; il carattere intimista e interiorizzato di questo “bozzetto” è avvalorato da una scrittura musicale asciutta destinata solo agli archi e ai legni.